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Geological Tours

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Pitture rupestri nel Sahara
 

autore:    Marco Montecroci [03-11-2010]

Le rappresentazioni dipinte o incise sulle pareti di grotte, antri strapiombanti e rocce isolate prendono il nome di arte rupestre. Per decenni gli archeologi hanno dibattuto sul significato da dare a queste rappresentazioni preistoriche, cercandone motivazioni artistiche o magiche, ovvero come rappresentazioni utilizzate durante riti propiziatori.

Oggi molti studiosi della Preistoria sono d'accordo che sia molto difficile immedesimarsi in quelli che potevano essere i ragionamenti e le motivazioni di uomini vissuti oltre 10.000 anni fa. Infatti, è irragionevole pretendere di capire il percorso di pensiero che un abitante della savana di 14 mila anni fa, poteva fare per arrivare a decidere di dipingere immagini sulla roccia, pensando con una mente sviluppatasi nel XX sec. Una delle correnti di pensiero che oggi mette in accordo molti studiosi è quella di immaginare che "l'uomo primitivo, spinto dalle necessità di sopravvivenza, impiegasse tempo ed energie per rappresentare figure di animali, di eventi e di territorio, spinto da qualche "necessità importante" che cominciava a insediarsi nella mente ... probabilmente nella mente di qualcuno, non di tutti.

Sicuramente molto interessante è cercare di capire che cosa queste rappresentazioni ci possono tramandare riguardo la vita, l'ambiente e le fasi di sviluppo di quelle popolazioni che le hanno compiute.

Tra tutte le forme di arte rupestre, le pitture sono senza ombra di dubbio quelle che offrono il maggiore numero di informazioni sulle popolazioni che abitavano il Sahara nelle epoche passate.
Le prime raffigurazioni conosciute risalgono a circa 40.000 anni fa (e altre importanti ancora risalenti a 25.000 anni fa) e sono state scoperte in Europa all'interno di antri e di grotte, ambienti questi, utilizzati dagli "abitanti europei" durante un periodo che climaticamente consideriamo "Età Glaciale".

Le pitture della Libia e generalmente dell'Africa del Nord sono decisamente più recenti, collocandosi in un periodo che inizia circa 14.000 anni fa. La rappresentazione del mondo, degli eventi e delle attività che occupavano l'uomo sono i contenuti principali di queste raffigurazioni.

La bellezza delle raffigurazioni è stata per anni erroneamente legata a fattori di abilità intrinseca di un particolare "artista" e delle sue discendenze; poichè questa "arte" ricopre un lasso di tempo vastissimo (oltre 8.000 anni) possiamo immaginare invece che venissero tramandate di generazione in generazione le tecniche di preparazione dei materiali utilizzati e il modo in cui utilizzarli; al contrario il lento sviluppo delle forme pittoriche e il cambiamento dei motivi rappresentati deve in qualche modo riflettere gli importanti cambiamenti ambientali in primis; di conseguenza i cambiamenti ambientali possono aver generato alcune importanti evoluzioni del pensiero umano di quei tempi preistorici.

Un interessante inquadramento storico-climatico delle zone sahariane ha dimostrato che il livello di complessità e bellezza pittorica, cresce a partire da 14.000 anni fa fino 9.000 e 6.000 anni fa, per poi diminuire fino alla quasi scomparsa nelle epoche più recenti. Si è visto che il momento di "esplosione creativa" è legata al periodo "pluviale delle aree sahariane" dovuto alla fine dell'Era glaciale wurmiana, che permise lo sviluppo di un ambiente tipo savana, ricco di fauna (di prede per l'uomo primitivo) e che ha permesso un notevole incremento demografico; non per ultimo queste rappresentazioni ci hanno permesso di analizzare, come da un interesse specifico e predominante per la fauna selvaggia (quindi per le potenziali prede di caccia o per i potenziali pericoli) si passa ad un momento in cui le rappresentazioni si concentrano sulla figura umana, sia dal punto di vista dell'importanza data in una singola rappresentazione (grandi figure umane con grandi teste) sia dal punto di vista relazionale tra i simili (rappresentazioni di gruppi di uomini, ovvero "tribù" o villaggi, mentre si accingono a prepararsi per la caccia o per affrontare altri simili.

In questo lungo periodo di 8.000 anni in cui alcuni nuclei di "cacciatori-raccoglitori" si ritrovano ad abitare le fertili aree montuose al centro del continente, si attuano dei profondi cambiamenti nelle azioni quotidiane dell'uomo che da cacciatore-raccoglitore ("opportunista", nel senso di essere in balia delle opportunità ambientali), diventa via via abitante e colonizzatore di un territorio. Lo sviluppo cerebrale in atto durante questa evoluzione è grande e fondamentale nel cammino di "homo sapiens". Quello che resta a noi per poterlo interpretare sono proprio le raffigurazioni rupestri, messe in atto da un pensiero profondo finalizzato al raggiungimento di scopi ben precisi legati alla sopravvivenza del "clan".


Forse ad un certo punto la figura del "pittore" poteva essere destinata a "persone speciali" che potremmo definire lo "sciamano" della preistoria? (possiamo immaginare questo osservando popolazioni che vivono in maniera primitiva nelle attuali foreste dell'Amazzonia, nei deserti dell'Australia o nelle remote regioni artiche) e con Lui crescono sia la quantità delle rappresentazioni ritrovate, sia la qualità e la meticolosità con cui venivano elaborate.

Oggi gli studiosi della preistoria vogliono correlare questo sviluppo, al grado di "civilizzazione" crescente dei "clan" che risiedevano in una daterminata area geografica; meglio ancora più che di un "grado di civilizzazione" potremmo parlare di un incremento della qualità della vita del gruppo tribale o di un miglior grado di vivibilità che la struttura "villaggio stanziale" stava cominciando a generare.
Inoltre anche le condizioni ambientali più o meno favorevoli sono ricalcate dalla ricchezza di rappresentazioni; si pensi al decremento delle pitture nelle regioni europee durante la fase finale della glaciazione (possiamo immaginare le continue esondazioni dei fiumi, alluvioni delle pianure e mareggiate sulle coste) che corre parallela con la crescita dell'"arte rupestre" nelle regioni dell'entroterra del Sahara, dove la fine della glaciazione porta solamente nuvolosità e piogge.


Le sostanze usate nelle pitture

Le tecniche di pittura prevedevano la conoscenza almeno elementare dell"estrazione" dei principali pigmenti di origine vegetale e minerale; i pigmenti venivano ridotti in polveri con pestelli, all'interno di mortai di pietra spesso scavati direttamente nella roccia alla base della parete da dipingere (tipici in Libia, nelle regioni dell'Acacus). In seguito il loro mescolamento con sostanze liquide (acqua, latte e albume) consentiva l'utilizzo come pitture murali e garantiva l'adesione alla roccia. I coloranti erano estratti da minerali come il caolino (bianco), l'ocra ed altre argille ferrose generando così disponibilità di rossi, arancio e giallo, i colori maggiormente utilizzati nel Sahara. A volte veniva spalmato un fissativo (miscela di albume e latte) anche sulla superficie al termine della pittura: questa volontà di preservarla, ribadisce l'importanza che doveva avere questa rappresentazione per i nostri antichi antenati. Questa cura estrema, se pensiamo ai tempi in cui veniva fatta, è una peculiarità solamente di alcune fasi della storia dell'arte rupestre e anche questo ci permette di ribadire alcune osservazioni riguardo le stagioni più floride della civiltà sahariana e il suo decadimento.

Le sostanze usate per formare un amalgama collosa erano di natura organica, albume d'uovo e latte (contenente la caseina un ottimo fissatore) e fortunatamente proprio la composizione organica ha reso possibile effettuare le datazioni al carbonio 14 anche sulle pitture rupestri. La migliore tecnologia conquistata negli anni '90 ha permesso agli studiosi della preistoria di fare datazioni C 14 su scagliette molto piccole tratte dalla superficie stessa delle pitture; in questo modo è stato possibile una distinzione temporale inequivocabile delle diverse rappresentazioni ed è stato così possibile creare una distinzione cronologica delle varie fasi (vedi sotto) che prima erano considerate semplici "correnti artistiche" differenti.

Lo stato attuale di conservazione delle raffigurazioni, siano esse pitture o incisioni, è molto vario, e funzione del grado di esposizione agli agenti atmosferici. Ovviamente le meglio conservate si trovano in grotte o antri bui, così come all'interno di canyon o in strette vallate o riparate da strapiombi di roccia. Si suppone che buona parte degli artefatti dell'uomo preistorico siano invece andati perduti causa l'azione dei venti carichi di sabbia (responsabili dell'erosione eolica delle arenarie dell'Acacus) e all'ossidazione dei minerali superficiali causata dal sole.


Le pitture rupestri dell'Acacus

Uno dei luoghi dove si concentra il maggior numero di pitture rupestri del Nordafrica è l'area dell'Acacus; un territorio montuoso fatto di guglie di roccia, pareti e antri scavati da antichi fiumi e lavorati dal vento. Questo territorio domina una pianura ora desertica e circondata da dune di sabbia che sono il preludio di vasti Erg sabbiosi. L'archeologo dr. Mori e il geologo sedimentarista dr. Cremaschi hanno dedicato più di dieci anni di ricerche con numerosi campi di studio e di scavi in questa area della Libia descrivendo questo interessante periodo evolutivo alle soglie del Neolitico. L'Acacus della preistoria doveva presentarsi come un baluardo naturale nel mezzo di una savana selvaggia, fertile e non priva di pericoli. Dovevano esistere animali erbivori e carnivori, tutti i componenti di una normale catena alimentare; l'uomo per quanto potesse essere cacciatore in questo periodo della sua evoluzione, doveva spesso rappresentare una facile preda per i felini del periodo, ecco allora l'esigenza di trovare ripari sicuri.

Il rifugio in nicchie o grotte ha costituito inoltre un momento importantissimo per la nascita di una vita di relazione sempre più complessa e fu anch'esso quindi una causa di crescita culturale, di valorizzazione del "clan", con la nascita della necessità di proteggere la prole per accrescere la forza del clan stesso.
E' in questo periodo che si sviluppa l'importanza della fecondità, la paura della morte e la consapevolezza delle proprie capacità di dominare sugli altri animali della savana.
L'uomo raggiunge la consapevolezza della propria importanza e comincia a dipingersi nelle sue stesse pitture. Il genere Homo comincia a rendersi conto della consapevolezza dell'essere "homo sapiens", dei suoi limiti, delle sue paure e delle sue necessità. Qui si cominciano forse a compiere i primi riti propiziatori per accattivarsi le "forze della natura" o a segnare il territorio del proprio clan con raffigurazioni importanti che assunsero col tempo differenti significati.

La ormai completa padronanza del fuoco era un ottimo sistema di difesa, che costituiva anche fonte di calore per le ore notturne nei mesi invernali. La presenza di focolai con metri di sedimento ricco di carboni testimonia l'uso abbondante dell'elemento fuoco; la vegetazione copiosa assicurava combustibile per tutte le stagioni.
Il territorio dell'Acacus ricco di valli protette da quinte rocciose, stretti passaggi tra le rocce, cenge e canyon, era quindi il luogo adatto a proteggere antichi "cacciatori-raccoglitori" che in seguito cominciarono a diventare stanziali e a gestire il territorio di questo "piccolo paradiso terrestre". Nasce l'interesse di gestire un territorio, di difenderlo, di investire tempo per controllarne il flusso idrico e la crescita dei vegetali commestibili, nel costringere animali prima selvatici in aree definite e limitarle con ostacoli e recinzioni: nasce l'agricoltura e l'allevamento, siamo a tutti gli effetti entrati nell'Età Neolitica.

Una disposizione diversificata dei ripari secondo ripiani strutturali a diversa altezza, lungo bastionate erose dall'acqua, ci fanno immaginare piccole tribù annidate sotto rocce strapiombanti, che dominano verdi vallate popolate da animali. E' possibile anche interpretare, dalle differenti disposizioni dei ripari e dai loro differenti livelli di "raffigurazione pittorica" che col tempo si fosse creata una distinzione tra i luoghi di culto che erano posti in livelli superiori e le aree abitative in cui si trovano maggiori reperti archeologici di attrezzi di utilizzo quotidiano, con fuochi, avanzi di pasti e cocci.
Possiamo anche immaginare che ad un certo punto questa posizione differente nelle aree abitative dei singoli elementi del clan potesse generare le prime distinzioni gerarchiche all'interno del clan stesso o che le zone più basse e meno protette fossero abitate dai nuovi/ultimi arrivati all'interno del clan: queste distinzioni generano via via i principi di gerarchia che governeranno le "civiltà" dell'ormai prossimo futuro, del passaggio dalla Preistora alla Storia.



I graffiti del Messak (Wadi Matendush - Libia)

Nella regione del Messak a nord dell'Erg di Murzuc e a nord-ovest dell'Acacus, troviamo una zona ricca di rappresentazioni disegnate con la tecnica delle incisioni. lo Wadi Matendush è uno dei fiumi fossili più importanti che incide per poche decine di metri il tavolato roccioso (hamada) del Messak. Come l'Acacus anche questo dovette dimostrarsi un luogo sicuro dove ripararsi e preparare le battute di caccia verso quella che allora era la vasta savana del Murzuc. Nelle rappresentazioni di quest'area prevalgono le "faune selvagge" che descrivono quali tipologie di animali vivevano in questo territorio: coccodrilli, elefanti e grossi felini, sono infatti gli animali più rappresentati.

I graffiti dello Wadi Matendush così come alcuni rari esempi similari trovati in Acacus (cuna oppia di elefanti) sono stati scolpiti utilizzando 2 tecniche sovrapposte. 1) picchiettatura con scalpelli litici lungo la traccia, 2) escavazione e levigatura della traccia scalpellata. Questa sovrapposizione di tecniche dà vita a graffiti con solchi profondi e larghi che danno al disegno quasi un aspetto di bassorilievo, dando vita ad una leggera tridimensionalità.






Dallo studio dei territori dell'Acacus e dello Wadi Mathendush si è potuto decifrare la seguente cronologia dell'arte rupestre sahariana:



1) Prima fase, chiamata "del bubalus antiqus" o delle faune selvagge, da 14 mila anni fa fino a circa 10 mila anni. Rappresentazioni di animali e scene di caccia. (in Europa troviamo rappresentazioni similari datate 25 mila anni come quelle della grotta di Lescaux in Francia o di Altamira in Spagna).
Possibili significati culturali: le rappresentazioni delle faune, di scene di caccia o di rituali con uomini con maschere di animali (analogie con maschere egizie delle divinità predinastiche) che propiziano probabilmente la caccia. L'uomo nelle sue rappresentazioni dà grande importanza all'atto (la caccia) che gli procura il sostentamento, dà grande importanza all'animale, a volte divinizzandolo o propiziando gli dei (o quelle forze superiori che diventeranno dei) per ottenere un risultato positivo durante la battuta di caccia (similitudini interessanti con i cacciatori groenlandesi e con le rappresentazioni dei Tupilak, oggetti propiziatori che rappresentano animali in forme mistiche, utilizzati fino agli inizi del secolo XX).


2) Seconda fase, chiamata "delle teste rotonde", unica delle regioni sahariane, datata 10 mila/8 mila anni. Rappresentazione di figure umane di grandi dimensioni (con grandi teste, raramente frappresentazioni zoomorfe) a volte figure antropomorfe in posizione prostrata, come di venerazione.
Possibili significati culturali: la consapevolezza dell'importanza dell'uomo, inizio di una visione antropocentrica, l'uomo è rappresentato con figure grandi e perfette. Rappresentazione di atti di culto con gruppi di uomini che si prostrano attorno a figure di maggior rilievo (quì la credenza dell'esistenza di esseri superiori, forse Dei, forse capi clan ? comincia ad essere più certa), da qui anche l'idea delle prime gerarchie nella struttura dei clan.

3) Terza fase, chiamata "agro-pastorale", 9 mila- 6 mila anni fa. Rappresentazione di scene di caccia, di comunità di uomini, delle loro faccende giornaliere, degli spazi coltivati (La cosidetta Neolitizzazione).
Possibili significati culturali: razionalizzazione e controllo del territorio, inizio dell'agricoltura e dell'allevamento. Si cominciano ad individuare le nozioni di quantità nelle rappresentazioni: alcune rappresentazioni di mandrie cercano di descrivere il numero e l'abbondanza dei capi, con linnee multiple dei dorsi o delle gambe. L'uomo comincia ad essere legato al proprio territorio e combatte per mantenerlo proprio. L'incremento demografico da il via a migrazioni e invasioni di territorio e a guerre per il suo dominio. È il periodo di maggior sviluppo dell'arte (rupestre e non) che significa che il passaggio dalla caccia all'agricoltura (neolitizzazione) lascia più tempo all'uomo per pensare e per creare. Si suddividono via via un ceto di pensatori-artisti (per analogia con i popoli più primitivi attuali, dove esistono le figure dello sciamano e del capo villaggio) da un ceto di operai, da quì il passo è semplice, nascita degli schiavi come bottini di guerra, nascita delle caste, nascita del controllo della popolazione con regole religiose di competenza dei ceti privilegiati (civiltà egiziane, mesopotamiche, minoiche e indù).


4) Quarta fase, detta "fase camelina" ovvero dei cammelli; 6/5 mila anni fino ad epoche storichei. E' l'ultima fase preistorica, quella meno rappresentata e dove la qualità e la quantità delle rappresentazioni diminuisce drasticamente. Vengono rappresentate carovane di dromedari stilizzati.
Possibili significati culturali: cambiamenti climatici danno inizio alla desertificazione della savana; peggioramento drastico della qualità della vita, decremento demografico, impoverimento culturale, al quale fa seguitol'abbandono del territorio e le migrazioni verso aree più fertili: Nilo e grandi fiumi (per le popolazioni dei neo-deserti dell'Arabia, i fiumi saranno quelli della Mesopotamia, il Tigri e l'Eufrate). Quì le popolazioni che già sono insediate, sentono l'importante necessità di imporre regole e gerarchie scritte: si entra nella Storia. Conseguente impoverimento dei siti archeologici e delle tracce lasciate.

5) Scrittura Tiffinag I popoli che rimangono nel Sahara tornano a spostarsi per sfruttare le migliori stagioni in differenti luoghi, asportano tutti i propri suppellettili da un sito all'altro. Nasce una civiltà capoace di sopravvivere alle dure regole del deserto, temporanei produttori e importanti carovanieri: la civiltà Tuareg. Sulle rocce compaiono scritte in lingua tuareg antica, chiamata tiffinag, e rappresentazioni del cavallo, ma questa è ormai una storia che si intreccia con quella dei primi colonizzatori della costa a partire dai Fenici per poi arrivare a Greci, Romani e in ultimo agli Arabi.


I popoli del deserto diventeranno sempre più abili conoscitori di un ambiente per gli altri ostile e nei secoli sfrutteranno questa capacità al momento giusto in cui le rotte commerciali necessiteranno il passaggio attraverso il Sahara. Ancora oggi, gli ultimi Tuareg vivono nelle roccaforti montuose circondati da un mare di pianure aride e sabbiose. Luoghi come le montagne dell' Air (Niger), ancora popolati di villaggi e di oasi ... sono l'ultimo baluardo di una storia che ha origine all'alba della nostra civiltà.